Come nasce un artista dell’adozione

In previsione del seminario “Arte e Adozione. Il mondo dell’Arte incontra l’Adozione” organizzato dal Centro Ado.T di Milano a cui parteciperò domani, ecco una breve sintesi che tenta di spiegare la nascita del cosiddetto artista dell’adozione.

Il filo conduttore che lega arte e adozione è la creatività, ne abbiamo tutti una data base, quella che Gianni Rodari in Grammatica della fantasia chiama “comune attitudine alla creatività.” [1] 

L’attitudine cade sotto la definizione di potenza di Giorgio Agamben in Homo sacer ; la potenza è essere in relazione al fare, e si divide in “potenza di” come forza attiva e “potenza di non” forza passiva. [2] In questo caso, l’attitudine è soggetta all’atto creativo. Per l’etimologia ‘creare’ viene dal sanscrito  “kar” (fare),  “kar-tr” letteralmente colui che fa dal niente, il creatore. Bruno Munari nel libro Fantasia  definisce la creatività come “un uso finalizzato della fantasia” [3] ,  secondo Rodari invece è “capacità di rompere continuamente gli schemi dell’esperienza”. [4]

Come scrive Lamberto Maffei: “Le esperienze della prima infanzia sono quindi particolarmente significative per la preparazione di un cervello individuale, geni ed esperienze, durante il periodo critico, costituiscono un potenziale cervello creativo, mentre altri fattori, come la situazione sociale ed economica ne permettono o ne facilitano le manifestazioni.” [5]

Essendo l’infanzia un periodo di forte influenza per lo sviluppo psichico ed emozionale dei bambini, la risposta ad un dato trauma o una sofferenza psicologica del bambino si vede nel potenziamento di una sua predisposizione creativa: una vera e propria esigenza che Boncinelli definisce “spinta a creare”.[6] Non a caso, sempre secondo Boncinelli, la creatività e l’intelligenza sono due componenti necessarie perché s’inneschi un processo di adattamento socio-ambientale . [7]

Oltre che nella creatività, la connessione tra arte e adozione si fa più forte nel distacco o abbandono. Come afferma Martina Cavallarin in L’abbandono. Pratiche di relazione nell’arte contemporanea : “l’abbandono è una pratica di relazione, un’indagine rivolta all’esterno e dentro la quale l’Arte si mette in gioco connettendosi con la realtà pur sovvertendone i sistemi e amplificandone le mancanze” [8]

L’abbandono e il distacco possono venire letti come stati di eccezione. Sempre in Homo sacer Agamben paragona lo stato di eccezione alla messa al bando (allontanamento) o abbandono : “colui che è stato messo al bando non è, infatti, semplicemente posto al di fuori della legge e indifferente a questa, ma è abbandonato da essa cioè esposto e rischiato nella soglia in cui vita e diritto, esterno e interno si confondono. ” [9]

E’ con questi presupposti che colui o colei che diventerà un artista dell’adozione muove i primi passi. L’abbandono, l’esilio, lo spaesamento sono alcune delle componenti in grado di sollecitare l’estro.[10]

Ma perché il minore ferito o abbandonato diventi artista è necessario che cresca lontano da ambienti opprimenti; solo con il supporto della famiglia e della scuola vi saranno tutte le condizioni per lo sviluppo e il mantenimento di una inclinazione creativa. Citando gli studi di Marta Fattori, Rodari scrive: “tutti possono essere «creativi», a patto di non vivere in una società repressiva, in una famiglia repressiva, in una scuola repressiva.. È possibile un’educazione alla «creatività»”[11]

Potremmo quindi dire che l’educazione alla creatività ha la stessa valenza dell’educazione sentimentale promossa da Galimberti. E’ proprio educando un’energia psichica, come quella creativa, e iniziando un percorso di alta formazione artistica o universitaria che un adolescente o un giovane adulto svilupperà quello che il pedagogista italiano Mauro Laeng definisce “pensiero critico” [12] e arriverà a padroneggiare la disciplina scelta, diventando così un professionista del settore.

Fermo restante, questo processo va ben oltre l’effetto terapeutico dell’arte. [13] Nell’individuare un potenziale creativo nella propria esperienza, l’artista arriva ad esercitare il potere critico e ad acquisire giudizio; la combinazione dei due è ciò che permette di sviluppare:

  • un profondo attaccamento al territorio che si riflette nella produzione artistica.
  • un metodo per trasformare il dolore, le ingiustizie, le conversazioni e le spiacevoli situazioni subite in materiale per la propria arte. [14]

Nella sintesi, l’artista dell’adozione trova in sé e nel proprio bagaglio di esperienze le tre componenti per creare un opera d’arte:

– utilità

– necessità

– competenza ed espressione (tecnica, verbale e non verbale)

Detto questo, gli artisti non sono l’unica figura ad esercitare nel mondo dell’Arte, perché la loro arte sia riconosciuta come tale ed abbia le dovute piattaforme, attenzioni e riconoscimenti – ma soprattutto perduri – sono essenziali alcune figure del sistema dell’arte come ad esempio quella del gallerista, del collezionista o committente, del curatore, del critico, del professore e dello storico o il teorico.

 

Alessia Petrolito

RIFERIMENTI

Agamben, Giorgio; Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, Einaudi, Torino, (1995) 2005

Cavallarin, Martina; L’abbandono . Pratiche di relazione nell’arte contemporanea, Silvania Editoriale, 2004

Boncinelli, Edoardo; Come nascono le idee, La Scuola, Brescia, 1989

Fattori, Marta; Creatività e educazione, Laterza, Bari, 1968

Jung, Carl Gustav; Il libro rosso (Liber novus), Traduzione di Anna Maria Massimello, Giulio Schiavoni e Giovanni Sorge, Bollati Boringhieri editore, 2012

Laeng, Mauro; Enciclopedia e pedagogia diretta da, La scuola Brescia, 1989  

Maffei, Lamberto; Elogia della lentezza, Il Mulino, 2014

Moretti, Giampiero; “La questione dell’arte tra Nietzsche e Heidegger” in Metafisica e nichilismo: Löwith e Heidegger interpreti di Nietzsche, Edito da Carlo Gentili, Werner Stegmaier, Aldo Venturelli, Edizioni Pendragon, Bologna, 2006, Parte VI pg 93-108

Munari, Bruno; Fantasia, Laterza, Bari, (1977) 2008

Nola, Ornella “La creatività in pedagogia come elemento primario per la conquista della libertà” Part I 24/1/2010 – Creatività immaginazione e fantasia un possibile quadro terminologico. http://www.sintesidialettica.it/

Rodari, Gianni; Grammatica della fantasia, Einaudi, Torino, 1973

Rodari, Gianni; Il libro degli errori, Einaudi, Trieste, (1993)1996

http://www.etimo.it

Parliamo di Psicologia con Luca Mazzucchelli – Le grandi interviste #19: Marco Garzonio “Arte, guarigione e sofferenza psicologica” 2015

Parliamo di Psicologia con Luca Mazzucchelli – Psicologia contemporanea: Intervista a Philippe Daverio “Arte psicologia e cambiamento” 2017

Parliamo di Psicologia con Luca Mazzucchelli – Le grandi interviste #3: Eco “Dove nasce la violenza” 2015

 

NOTE

[1] Rodari, Gianni; Grammatica della fantasia, Einaudi, Torino, 1973, p. 169-70

[2] Agamben, Giorgio; Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, Einaudi, Torino, (1995) 2005 p. 52

[3] Munari, Bruno; Fantasia, Laterza, Bari, (1977) 2008, p. 22

[4] Rodari, Gianni; Grammatica della fantasia, Einaudi, Torino, 1973, p. 171

[5] Maffei, Lamberto; Elogia della lentezza, Il Mulino 2014, p. 128

[6] Boncinelli, Edoardo; Come nascono le idee, La Scuola, Brescia, 1989, p. 112-113

[7] Ivi p. 115

[8] Cavallarin, Martina; L’abbandono . Pratiche di relazione nell’arte contemporanea, Silvania Editoriale, 2004,  p. 9

[9] Sempre in Homo sacer , cap 1, Agamben riprende la definizione di eccezione formulata dal giurista tedesco Carl Schmitt (per cui l’eccezione è esclusione: non coincidenza, un caso fuori dalla norma – ) e la combina con la riflessione di J. L Nancy sul termine bando o bandito nel  cap. 6 in Agamben, Giorgio; Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, Einaudi, Torino, (1995) 2005 p.34

[10] Di questo scrivono in molti, per citarne alcuni: Vilém Flusser in The Freedom of the Migrant. Objections to Nationalism,  Edward W. Said in Sempre nel posto sbagliato, Franco La Cecla in Il malinteso. L’antropologia dell’incontro.

[11] Rodari, Gianni; Grammatica della fantasia, Einaudi, Torino, 1973 p. 172

[12] Laeng, Mauro; Enciclopedia e pedagogia diretta da, La scuola Brescia, 1989, p. 3358

[13] Come dice Garzonio nel video “Arte, guarigione e sofferenza psicologica” dal ciclo Le grandi interviste di Luca Mazzucchelli: “l’arte ci permette di scoprire le possibilità di adattamento”. Per Philippe Daverio, sempre intervistato da Luca Mazzucchelli, l’arte “assorbe”.

Educando la propria creatività, l’artista dell’adozione sperimenta consapevolmente quello che Garzonio in conversazione con Mazzuchelli definisce “la dinamica psichica del contenimento” dell’arte.

[14] Prendere le distanze dal disagio, allontanandolo da sé e mettendolo su pagina, tela o muro richiama il concetto di “distanza artistica ” elaborato da Friedrich Nietzsche nel La Gaia Scienza. Di fatto l’artista dell’adozione articola il proprio sofferto come suggerisce di fare Rodari con gli errori: li converte in giocattoli con cui giocare, di cui ridere e con cui riflettere. La risposta sta nel trasformare la propria educazione sentimentale in ricerca artistica.

 

 

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