Con questo post dal titolo Panorama Arte& Adozione voglio analizzare le immagini prodotte dagli artisti dell’adozione e fare una comparazione internazionale e generazionale tra gli stili, le tecniche e i temi da loro utilizzati.
Le artiste dell’adozione sotto citate rappresentano e materializzano attraverso l’arte esperienze e disagi tipici del post-adozione; il tema con cui ho deciso di raggrupparle è la stratificazione: layering appunto stratificare.
Essere stratificati, avere più identità, più nomi e nazionalità con cui scendere a patti considerando anche l’incertezza, l’insufficienza e la censura: pochi o nessun dato sicuro su cui costruire la storia che precede l’adozione…
Le discipline adoperate sono molteplici e spaziano dal disegno alla pittura, dalla serigrafia al ricamo e dalla fotografia al film-documentario fino alla video art la performance e l’attivismo. In comune hanno una determinata metodologia processuale che vede nelle tecniche come: cut-out, collage, patchwork, stampa digitale, trasferimento (transfer) e sovrapposizione (layering), legittime modalità per una riproduzione efficace del proprio sentire.
Così facendo la firma, i nomi, le foto di famiglia, diventano materiali, forme plasmabili e sovrapponibili per manifestare e rappresentare se stessi dando senso ad un disagio per cui spesso non si hanno parole.

Rendere visibile, semplificare, condividere, questo era in parte dell’intento dell’illustratrice Jessica Emmett ( Hong Kong /UK) nel 2005 con la video performance “Origins”, oggi facente parte della Archived Adoption Art, un discorso di cui la Emmett non si occupa più. Nel fotogramma la vediamo immortalata nell’atto di togliersi una delle tre magliette (a stampa serigrafica) indossate, le magliette simboleggiano la pelle, il colore stesso richiama tre toni di cipria, e rappresentano la lotta da lei intrapresa per trovare un compromesso di appartenenza tra le sue tre identità (nazionalità Britannica, etnia cinese/vietnamita e luogo di nascita Hong Kong).
La presenza di più identità, e in qualche caso di nomi, è facilmente rappresentabile con la serigrafia e altre tecniche grafiche. Uno degli strumenti utilizzati dalla Emmett è il timbro; nella foto qui sotto potete vedere una riproduzione della sua firma e del nome alla nascita, sovrapposte ad una foto di lei da bambina.

Questo approccio si dimostra ampiamente diffuso e costante nel tempo e nello spazio attraverso le generazioni e la geografia. Si evolvono i mezzi, cambiano l’etnia, la nazionalità e il fine, ma l’argomento è sempre uno: l’adozione.
Sono delicate ma chiare le somiglianze tra il lavoro della Emmett e il quadro “Remembrance Past” (2012) della fotografa Susan Sponsler (Corea del Sud /USA ) facente parte della serie Yellow work ed esposto in collaborazione con Kathy Lovas (USA) per la mostra RED/YELLOW.

Mentre con le prime artiste proposte viene esaltato prevalentemente l’approccio figurativo, vi è anche chi precedentemente, per una parte della propria produzione, si è concentrata sul segno, la scrittura e la calligrafia.

È il caso della artista interdisciplinare Kimura Byol-Nathalie Lemoine (Corea del Sud / Belgio-Canada) con “Bébé encadré” (1994).

La progressione tecnologica di fine anni ’90 ha influenzato anche gli artisti dell’adozione; il fenomeno nell’opera “All American Girl I” 1997 appartenente al progetto Assumed Identity di Susan Sponsler e nell’opera “Adoptable-web” 2001, parte dello Star~Kim Project, di Kimura Byol-Nathalie Lemoine si vede chiaramente l’implemento della grafica digitale.


L’uso delle proprie informazioni natali, di segni e simboli, risultano essere una tendenza costante ma spontanea tra gli artisti dell’adozione , ad eccezione che per la comunità coreana e nello specifico dei collettivi di artisti, in quanto molti di loro non sono a conoscenza degli altri. Un esempio è il paragone tra il lavoro di Susan Sponsler con l’istallazione “She’s a Citizen Now” nel 1997, e recentemente Miryam Model Gazen (Cile/USA) classe ’94, con il lavoro del 2015 “DOCUMENTOS” ( dal progetto BACK TO YO) un ricamo che riproduce il suo certificato di nascita.

Tra le artiste dell’adozione sono moltissime le illustratrici, alcune di loro utilizzano la satira per affrontare gli argomenti spinosi come il “baby market”: la commercializzazione e l’industrializzazione del sistema delle adozioni.
Gli esempi che ho scelto vedono le illustrazioni di Lisa Wool-Rim Sjöblom (Corea del Sud/Svezia) che in “Paper Orphans” del 2014 rappresenta la censura delle informazioni natali, la pluralità della comunità adottiva coreana e la critica alla mercificazione dei figli adottivi coreani nel mondo: «We are just pawns»
(siamo solo pedine).

In ultimo uno dei più recenti lavori di Jessica Emmett “Gotcha” con il quale, attraverso la parodia della ‘Pokemon Go Fever’, ironizza sull’immortalazione del primo momento: l’entrata in famiglia di un figlio o una figlia adottiva.
Le immagini riproposte sono solo una piccola parte della produzione delle cinque – anzi sei – artiste citate, molti altri esempi sarebbero stati da aggiungere.
Il numero degli Artisti e delle Artiste dell’Adozione online è infinitamente maggiore, ma sicuramente approssimativo. Nonostante questo, di per sé, la loro esistenza iscritta nel tempo, le loro abitudini similitudini e differenze denotano una chiara metodologia processuale (tematiche pattern, medium, stili e tecniche ) comune e ricorrente che sono fiera di poter mettere in luce.
Un sentito grazie a tutte le artiste citate per il lavoro che svolgono e per la disponibilità e la cortesia dimostratami.
Alessia Petrolito
RIFERIMENTI:
Jessica Emmett / Adoptedthecomic / Geekyadoptee
Nathalie Lemoine / Kimura Byol