Mistificazione che uccide, forzatura che definisce.

Una mistificazione che uccide è una forzatura che definisce.

Chi è?

È mia mamma!

(Sono sua figlia)

(No, ti ha fatto da madre)

Che cosa è una famiglia adottiva? Parafrasando letture, conversazioni e sedute di psicanalisi, la famiglia adottiva è una famiglia simbolica, un’alterazione di certezze che implica una ricostruzione di ruoli – padre madre figli fratelli e sorelle ecc. – a sua volta basata sul concetto di proprietà e diritto [1]; una forzatura di significato dove l’affetto, se e quando nasce, si dispiega restando o modificandosi nel tempo e attraverso le varie fasi evolutive.

“Past Present and Future” 2011 olio su tela

 

Quanto peso diamo ai ruoli? E perché nel percepirne l’assenza ci aggrappiamo alle parole dando corpo a definizioni e simboli?

Io non riesco a muovere un passo senza sapere dove e quando andare, perché, con chi e se quel chi è con me. Non riesco a stare in mezzo alla gente senza avere un ruolo che mi definisca – fidanzata, amica, figlia, amante, conoscente – non riesco a non essere; infatti, la mia più grande paura è proprio essere niente; perdere ciò che sono e ciò che penso; e io chi sono? Sono figlia di una madre che non è mia mamma, eppure sono figlia, sono stata generata da qualcuno e quel dolore strazia le mie viscere più che le sue.

Posso chiamarti per nome, le parole valgono niente, chiamami come vuoi; sembra la soluzione, eppure nonostante i miei trent’anni questa ipotesi mi squassa dentro, irrompono copiose le lacrime; cosa siamo se non figli mi chiedo; che ne sarà di me se non sono tua figlia, non ho il tuo cognome, eppure questa separazione mi pesa come se avessi ancora cinque anni e tu fossi ancora il centro del mio universo.

Ossessionata da un trauma che mi raggiunge ad ogni specchio, ma che mi ostino a non affrontare veramente per vederne i confini.

Ero consapevole di vivere di un’immaturità nostalgica, a tratti infantile, ora mi scopro bloccata dentro, eternamente bambina. Trovo la ragione del mio scarso entusiasmo per la maternità e per i bambini, della mancanza di progettualità per il futuro, della rabbia latente, dell’inadeguatezza costante; nonostante il vostro nido, crescendo non sono cresciuta, sono rimasta quell’uccellino senza nome, un buco nel cuore teso verso quell’irraggiungibile e unica pienezza.

Alessia Petrolito

[1] Sull’adozione e la sua stretta connessione con il Diritto romano vedere “L’ADOZIONE NELLA STORIA” di Massimo Camiolo, Famiglia Oggi n.3 1999
“[…]il suo vero sviluppo avvenne ben più tardi, all’interno dei Paesi nei quali vigeva il Diritto romano, in cui l’originario aspetto religioso, teso alla successione nel culto degli antenati, aveva lasciato il posto all’idea della discendenza e della trasmissione del patrimonio familiare.” – www.stpauls.it