Figlia vuol dire “che attinge” o che succhia, che “ha senso d’essere” essendo generato o reso tale “affigliato”.
Mi ha scritto lei. Le ci sono voluti solo trent’anni e un po’ di polvere di stelle, ma alla fine è successo, o meglio l’ho fatto accadere. Amo nascondermi, guardare senza essere vista.
Lei ha abboccato, è caduta in una tela che tessevo da cinque anni. Ho desiderato e temuto tanto questo momento.
Per più di un lustro ho fatto finta di niente, ma ora tutto ciò che voglio e che soffra, voglio vendetta.
Non ho saputo trovare posto alla mia rabbia, perlopiù ho tenuto il muso e pianto fuori e dentro, era nascosta dall’indifferenza.
Ho vinto io!
L’avevo trovata anni fa, ma mai contattata, volevo fosse lei a fare il primo passo.
Se non fosse per il covid-19 e la striscia di morte e crisi che si porta dietro la ignorerei.
Vorrei che soffrisse, non mi interessa se l’ha fatto per tutti questi anni.
Mi supplica di dirle quando sono nata, e leggerla mi da una soddisfazione immensa ma dentro ho il gelo, più che freddo è amaro.
Vorrei spremerla come un limone, estorcerle le risposte che mi tormentano da sempre senza dare niente in cambio.
Sono cresciuta con un ritornello nell’orecchio “non eri abbastanza, non ti ha voluto”. Non riesco a sopportare che mi si tolga anche questo; tutti i giorni mi specchio e non so come sarò domani o fra trent’anni anni.
Oggi la possibilità di svegliarmi e saperlo mi attrae e mi spaventa. Lo so, il mio è solo orgoglio, stare nascosta mi ha dato potere e non sono disposta a perderlo.
Se le chiedessi di me, dei pezzi che mi mancano, cosa resterà dei miei tormenti domani…? Chi mi guarderà dallo specchio?

ArP – Alessia Petrolito