Padri

Usare il plurale quando si parla di adozione si porta dietro un grave peso; una onta che – invece che aggiungere – sembra di togliere… Togliere affetto, togliere importanza… quasi ostacolare o cancellare.

Per una figlia adottiva avere due padri dovrebbe essere un privilegio; come avere l’ancora più salda del mondo che poi di fatto – poggia sulla sabbia. Per me avere due padri significa avere radici – non dovermi cercare – riconoscere il seme del gene e il seme morale; avere testa e piedi, ed un potere immenso da controllare, due satelliti che connessi non lo sarebbero stati mai.

“me lo aspettavo più bello” dice l’uno;

“ci avrai accanto per molto tempo” dice l’altro.

L’uno fresco, l’altro stanco.

Il padre, che pure mi chiama sua, è grato dell’operato dell’altro.

Il papà, il cui affetto non ammette rivali.

Come se non li avessi mai persi, come se non potessi perdeli… “sempre nei loro pensieri”.

Uno che chiama, l’altro che aspetta.

Divisa tra l’affetto e il riserbo; tesa nel compiacere l’uno-roccia e l’altro-ruscello… Essi sono stati il letto della mia vita in modi e tempi diversi.

Da bambina erano i miei eroi, da uno correvo per essere salvata, dall’altro speravo di essere cercata…

Ora, che posso dire di essere donna, vedo i miei padri in quanto uomini. Ora sono io a vederne la loro fragilità.

Due figure, non più solo spalle e pelle, non più solo ombra, hanno entrambi occhi grandi e scuri in cui nonostante l’età scorgo il loro essere figli.

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Alessia Petrolito