Dovunque vado trovo riferimenti, le mie origini mi inseguono, perfino al negozio dell’usato, tra una tazzina e un comò….

Nel 1998, loscrittore e poeta Tahar Ben Jelloun iniziava il libro dedicato a sua figlia Merièm scrivendo:
Tra le cose che ci sono al mondo, il razzismo è la meglio distribuita. È un comportamento piuttosto diffuso, comune a tutte le società tanto da diventare, ahimè, banale. Esso consiste nel manifestare diffidenza e poi disprezzo per le persone che hanno caratteristiche fisiche e culturali diverse dalle nostre.
Tahar Ben Jelloun – Il razzismo spiegato a mia figlia, 1998, p9
È dura scontrarsi con l’abitudine, misurarsi con usi e costumi di un mondo, di un passato che è ha una sua storia e di un presente che ci abita.
Sempre dialogando con sua figlia Jelloun ricorda il testo teatrale “Porta chiusa” di Jean-Paul Sartre:
[…] Dopo la loro morte, tre personaggi si ritrovano in una bella camera, ma per sempre. Dovranno vivere per sempre insieme e non avranno nessun modo di evitarlo. È questo l’inferno. Di qui l’espressione “l’inferno sono gli altri”.
Tahar Ben Jelloun – Il razzismo spiegato a mia figlia, 1998, p34
I miei genitori comprarono il libro, con l’intenzione di allenarsi a combattere questa battaglia con me…
Ma in qualsiasi famiglia può capitare di ritrovarsi soli, di essere gli unici, da un giorno all’altro ci si trova a combattere una battaglia che a volte non si sceglie e che non si pensava di dover iniziare…
Quei famosi “No, ma tu no…” “non parlavo di te” e “tu sei diversa”
Avermi in famiglia, o come amica, a volte non basta, non aiuta a non:
- rispondere “mamma Africa” quando qualcuno ci irrita pretendendo l’elemosina
- pensare agli immigrati stranieri come una malattia, come dei portacovid, come un cancro che intacca il welfare italiano
- usare l’appellativo terrone con acredine
- giudicare le famiglie allargate
- usare l’etnia per sottintendere usi e costumi con disapprovazione
- usare “la mia amica di colore”
- essere orgogliosamente leghisti
- ecc. […] in trent’anni ne ho sentite talmente tante che elencarle tutte è impossibile.
In seno alla mia famiglia ho sempre ottenuto affetto e sostegno, ora dopo tanti anni ho finito le risposte e le giustificazioni… ogni frase pesa, a volte come una piuma altre come una pietra, schiaccia e butta a terra.
Per rialzarsi occorre forza, occorre cuore, a volte presi in prestito a chi ci sta accanto tutti i giorni e tutte le notti.
Sbaglio anch’io e quando lo faccio non ci dormo la notte, non è più tempo per questa fragilità unica… Forse la chiave non è più mettersi in discussione, farlo notare, offendersi, dispiacersi; forse è giusto così, navigare a vista, godersi la vita incazzarsi senza remore – in favore del quieto vivere una certa indifferenza è giustificata…
Forse ho sbagliato tutto: a leggere, a chiedere, a scrivere, a filmare… Questo discorso si alimenta solo se protetto da quattro mura e si ossigena quando è condiviso con i propri compagni e le proprie compagne di disavventura – triste, triste davvero …
bell hooks ha scritto:

Non è vero…
Il razzismo a casa mia è una lama sottile, ed io non posso farci niente…
Alessia Petrolito
Riferimenti
bell hooks “Writing Beyond Race: Living Theory and Practice” Routledge, (2012) 2013, p184
Tahar Ben Jelloun “Il razzismo spiegato a mia figlia”, Bompiani, ed. VIII 1998