Come avevo anticipato nella precedente puntata “Memorie” , nei prossimi mesi ho intenzione di esplorare gli ultimi due significati racchiusi nel Manifesto di un* Adottiv*, traduzione italiana di An Adoptee Manifesto scritto da Angela Tucker. Il manifesto contiene 9-10 frasi, i contenuti qui sotto sono frutto di una mia riflessione, i commenti sono ben accetti.
Per questo settimo appuntamento di approfondimento come da calendario abbiamo la frase:
Lo shock post-natale esiste
Dove shock è inteso come trauma, turbamento da spaesamento, e come conseguenza di un distacco da una cultura natale o dal suo incontro/rincontro.
A settembre ci eravamo lasciati con l’Adoptee Suicide Awareness e ieri – 30 ottobre – era effettivamente l’ Adoptee Remembrance Day, il giorno del ricordo, gli spunti di riflessione con cui vi avevo lasciato riguardavano l’alienazione e di fatto ritornano un po’ anche oggi; in particolare mi chiedevo come canalizzare in energie positive malesseri e altri ricordi dolorosi nel caso se l’unica soluzione alternativa fosse lasciarli andare, distaccarsi, dimenticarli per sempre… Ecco diciamo che la frase del mese di oggi è un po’ una sorta di risposta almeno per me; perché parla di riconoscimento: il riconoscere danni e benefici ma anche i pregiudizi che li circondano.
PERCHE’ PARLARNE… ?
Innanzitutto, vorrei partire da un glitch nella traduzione dall’inglese all’italiano che già all’epoca mi aveva dato tanto da pensare. Nella frase originale in inglese si parla di post-natal culture; un termine che anche a detta di Angela non esiste realmente; in quanto si parla prevalentemente di stress post-natale dopo il parto sia per le partorienti che per i neonati.
Ma nello specifico sono stata molto indubbio sul trasferire letteralmente o meno il significato – proprio perché non riuscendo a trovare una formula adatta che includesse entrambi i termini senza diventare incomprensibile – ho preferito lasciare il compito di aprirsi ad una concezione più inclusiva proprio alla parola natale – luogo natale, cultura natale e quindi di nascita.
COSA SI PUO’ DIRE SU QUESTA FRASE?
La condizione che detta Angela è importantissima perché suggerisce…
- la sussistenza (ciò che esiste a prescindere dal soggetto, da noi) sia del legame, di una connessione tra il momento della nascita e il contesto culturale in cui essa avviene.
- che la sussistenza del trauma nel momento del distacco da tale contesto, non solo dalla madre,
- ma anche la naturalezza dello stesso, quindi è un modo per normalizzare ogni sua possibile manifestazione.
Questo spodesta ciò che l’opinione comune insegna secondo cui questo trauma non si senta o si senta poco da infanti
Lo testimonia proprio il fatto che spesso non vi sia una prescrizione, o un’indicazione, che inviti i genitori adottivi a mantenere questo contatto fin da subito ma piuttosto li si inviti ad essere ‘aperti’ nel caso in cui l’adottiva/o manifesti un desiderio, un bisogno.
Per cui a parte alcune eccezioni, gli enti che si occupano di post-adozione parlano di ascolto più che di prevenzione e quando poi arriva il conoscente di turno, il parente lontano, l’amico dell’amica ecc. noi figli e figlie incappiamo nel solito e famoso – ma sì ma tu eri piccola; come puoi ricordare… ecc. Ragion per cui se poi uno ha piacere, necessità o qualsivoglia ragione di ricongiungersi con quella parte di sé si è strani, irrisolti.
COSA SI PUO’ DIRE SULLO SHOCK? Sull’evidenza di quel legame con la cultura o il luogo d’origine…
La cultura sciocca, causa impressioni violente, sia che sia vissuta o meno, sia i turisti che gli autoctoni.
Può scioccare pur essendo la nostra, e quindi conosciuta, proprio perché non la si riconosce.
Su Treccani lo shock/choc è indicato come una scossa ma anche come stimolo intenso. Lo stimolo può provenire da tutti i 5sensi – vista, udito, olfatto, gusto e tatto – e può provenire dall’esterno che ci circonda (persone, oggetti, sensazioni) come dall’interno, da noi stessi o qualcuno con cui dividiamo un’intimità.
Uno shock può provenire/ o essere generato:
- dal contesto di appartenenza, ed essere provato nell’essere rimossi dal luogo natio o nel rimuovere i ricordi dello stesso
- dal luogo di adozione, ed essere provato nel riscoprire o riscoprirsi appartenenti ad contesto estraneo; e questo avviene in momenti diversi e spesso imprevedibili: nello spazio pubblico, sul treno, al ristorante, oppure nello spazio privato a casa, durante una lettura dei propri documenti, e ancora in uno spazio ibrido (pubblico ma in un momento personale-privato) come una visita alla terra d’origine o un viaggio di piacere o di lavoro al di fuori dello spazio che chiamiamo familiare.
- dalla nostra presenza, dal nostro essere visti, segnalati come un elemento esterno, sconosciuto oppure percepito come tale, che ritorna per farsi conoscere (o riconoscere).
Ed è forse un po’ per questo che si accosta – credo erroneamente – lo shock allo spavento, alla paura. Ciò che ci sciocca ci fa paura per terminare con una parola in tema con oggi – 31 ottobre.
Ogni frase del manifesto apre un mondo a parte di cui si potrebbe parlare per ore… Ma ho una domanda suscitata da questa frase di Angela: come si reagisce allo shock, come si va avanti, come si rientra nei binari?
E infine chiudiamo l’approfondimento di oggi in previsione di NAAM – National Adoption Awareness Month (Mese della consapevolezza sull’adozione) con il tema del prossimo mese: gratitudine e perdita.
Alessia Petrolito
Link al live del 31 ottobre sul tema “Shock”.